Ultimo lavoro di Athos Enrile, “LE ALI DELLA MUSICA”

ali cover

Intervista allo scrittore Athos Enrile, in occasione della presentazione del suo libro fresco d’uscita “LE ALI DELLA MUSICA”, edito Zona 2016. Athos Enrile ama scrivere quotidianamente di musica (ma non solo) e in questo suo libro ci racconta le esperienze che avuto a contatto con gli artisti da lui intervistati e i concerti vissuti in prima persona.

Le Ali della Musica” è il racconto di tanti spettacoli, incontri, concerti, emozioni, interviste, notti insonni, eventi, passioni, che vede protagonisti i grandi nomi della musica italiana e internazionale. Athos Enrile mette insieme la sua grande esperienza e i tanti momenti vissuti a contatto con personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella musica rock e prog degli ultimi decenni e ci ridona l’intensità di quei momenti, rendendo viva e presente quell’esperienza in ciascuno di noi lettori. Qualche esempio? Le interviste a Steve Hackett, Greg Lake, Keith Emerson, David Jackson, Vittorio Nocenzi, Lino Vairetti, Aldo Tagliapietra, Joe Vescovi, Gianni Belleno… and many more!

Il racconto dei concerti dei VDGG, ELP, YES, BANCO, PFM, Johnny Winter, Alvin Lee, Eric Burdon…Convention dei Jethro Tull del 2006 e numerosi concerti della band con intervista a Glenn Cornick… ma quanti altri ancora?

Athos Enrile, da sempre immerso nella musica, coltiva la passione per la scrittura, con un’attenzione particolare alle interviste agli artisti e alla descrizione dei concerti. Gestore di numerosi spazi in rete e collaboratore con diverse riviste specializzate, è coautore del libro Cosa resterà di me. Appassionato di strumenti – che utilizza in modo modesto – ha avuto la possibilità di condividere pillole di palco con leggende del rock e di partecipare come ospite a un album in qualità di mandolinista… elettrico! Presentatore in numerosi eventi, conduttore in molteplici presentazioni, condivide orgogliosamente con i compagni di viaggio di MusicArTeam (associazione di cui è presidente) il web magazine MAT2020 

Adesso, vi lascio all’intervista di Athos Enrile, un uomo con tante idee e talento in abbondanza per raccontarle in questo suo libro intitolato “Le ali della musica”.

D: Inizio con il chiederle come e quando è nata in lei la passione per la scrittura. Quali autori lo hanno influenzato in questo suo percorso creativo?

R: Esiste una data ben precisa che è il 12 luglio 2003. Quel giorno vennero a suonare nella mia città gli YES, mitico gruppo che aveva segnato la mia adolescenza. Da tempo avevo relegato la musica a fatto occasionale, ma ritrovarmi improvvisamente al cospetto di tanta magia mi illuminò e questo mi ha portato poco dopo a rituffarmi nella mia vera passione. Essendo per me facile usare “la penna”, ho iniziato a crearmi un mio spazio in rete e a scrivere recensioni di album e descrizione di concerti a cui partecipavo. Tutto questo mi ha condotto alla conoscenza diretta di musicisti che un tempo erano solo icone che vedevo sulle copertine dei vinili, e che oggi sono miei buoni conoscenti. Non ho seguito alcun autore in particolare, ma ho catturato lo spirito di Mark Paytress, che nel suo “Io c’ero” racconta momenti live indimenticabili a cui ha assistito. Questo è ciò che mi muove e che mi ha spinto a realizzare “Le ali della musica”, l’idea di lasciare traccia di momenti di vita – e storici – che in altro modo andrebbero persi.

D: Lei ha iniziato questa carriera che era ancora un’adolescente, gli è costato fare “gavetta”?

R: La gavetta fa parte di ogni settore della vita e quando si cerca di bruciare le tappe l’eventuale risultato positivo è effimero. Tuttavia nel mio caso si può parlare solo di precoce amore per la musica, in quanto l’attività saggistica è recente, non più di tre lustri.

D: Nelle nuove generazioni di oggi, trova la stessa motivazione di fare carriera che aveva lei in quel suo primo concerto a cui assistete il 30 maggio 1972?

R: Nella domanda è racchiusa una grossa verità, erano quelli i giorni in cui si poteva trovare visibilità nell’attività giornalistico-musicale, bastava trovarsi al posto giusto al momento giusto. Armando Gallo, mitico giornalista di Ciao 2001, che iniziò nei primi anni ’70 la sua corrispondenza da Londra, racconta come erano quelli i giorni in cui “bastava essere giovani e nel posto giusto e si era delle star”. Di questi tempi non c’è motivazione che tenga, non esiste più spazio per poter vivere rilasciando opinioni sulla musica che ci circonda, ma la mia soddisfazione, il ruolo che mi sono ritagliato, ha a che fare con l’amore per la condivisione, che è poi l’obiettivo che mi sono posto nella realizzazione del book.

D: In questo libro lei racconta di com’è cresciuto professionalmente insieme agli artisti che ha intervistato, ricorda qualche intervista che gli ha lasciato un ricordo particolare?

R: Dovendo citarne una scelgo quella con Steve Hackett, chitarrista dei Genesis, perché è da quell’incontro che nasce il titolo del libro, “Le ali della musica”. Ho avuto l’opportunità di intervistarlo per circa un’ora sul palco di un teatro gremito, e quando a posteriori ho risentito la nostra chiacchierata sono rimasto colpito da un suo aneddoto. Raccontò Hackett che un suo giovane fan di sedici anni gli scrisse quasi preoccupato perché anziché ascoltare la musica tipica dei suoi tempi amava i Beatles. Steve rispose che no, non c’era da preoccuparsi, perché la musica ha le ali e può abbattere ogni tipo di barriera e quindi nulla è vietato nell’innamoramento musicale, che niente ha a che fare con la razionalità. Essendo questo un concetto in cui credo ciecamente, ho realizzato che quello doveva essere il titolo del mio libro e che nessuno al mondo mi avrebbe fatto cambiare idea.

D: Il mondo della comunicazione ti mette a disposizione diversi strumenti, lei ha iniziato con il registratore geloso di suo padre, oggi in suo soccorso esistono skype e le email, che le facilitano la stesura di un pezzo. I social network sono una realtà che negli ultimi anni stanno prendendo forza e permettono di raccogliere tante informazioni. Ecco, secondo lei, quanto sono importanti questi nuovi media per chi svolge un lavoro come il suo?

R: È proprio grazie alla tecnologia che certi miei sogni si sono avverati; oggi i nostri miti musicali sono più avvicinabili e non importa la distanza, e di fatto ho realizzato interviste impossibili in altri tempi, con chi era in California ad esempio. La facilità nel comunicare ha agevolato enormemente un lavoro come il mio, ma direi che in linea generale ha semplificato la vita di tutti, ovviamente con alcuni aspetti negativi che andrebbero approfonditi con più tempo a disposizione, ma forse qualcuno si annoierebbe!

D: Nel libro ci racconta che ha lavorato in Radio. Cosa le ha lasciato questa esperienza? Come crede che la Radio sia cambiata negli ultimi vent’anni?

R: Il mio riferimento, quando parlo di radio, è sempre la famosa “Radio Libera” di cui cantava Finardi a metà seventies, mentre mi riconosco poco con quanto mi pare accada oggi, quando è difficile/impossibile trovare aperture verso qualcosa di nuovo, giudicato poco spendibile tra le nuove generazioni. Il problema è che la musica non è solo quella che ci viene imposta, anzi, ma occorrerebbe suggerire che sono state inventate trame sonore che hanno come requisito base la qualità, e magari provare a “tastare” qualcosa di sconosciuto potrebbe alla fine essere gradevole, una inaspettata e positiva scoperta.

D: Nel libro ci sono molte foto dei concerti a cui lei assistete, con colori diversi a quelli di oggi. Forse in quegli anni si era tutti un po’ meno fotogenici. Lei che legame ha con queste foto e i loro protagonisti? Secondo lei in che modo è cambiata la fotografia?

R: Quasi tutte le fotografie contenute del libro in origine erano a colori, pubblicate in bianco e nero per contenere i costi. Resta un fatto importante legato alla domanda: in quei giorni lontani a nessuno passava per la mente di dotarsi di un minimo supporto, ad esempio un apparecchio fotografico. Ci bastava la musica, e la giovane età non induceva a realizzare una testimonianza certa, in modo che fosse consultabile in futuro da chi sarebbe arrivato dopo di noi. Oggi è tutto semplice, e semmai stiamo esagerando nel senso opposto. Non esiste concerto a cui partecipo che non sia testimoniato da una mia ripresa video, ma tutto ciò non è fine a sé stesso, non ho la sindrome da telefonino, ma il video andrà a completare un racconto scritto che metto poi a disposizione di chi non ha potuto essere presente. Questa è una parte che amo particolarmente, lasciare traccia di cose che andrebbero perse senza la “fatica” di qualcuno che le racconta.

D: Il suo libro è stato un vero tour di concerti, scenari, interviste, un tuffo nel passato con uno sguardo al presente. Ora che progetti ha in serbo?

R: Ho tanto materiale da poter scrivere altri cinque libri, vediamo che succede con questo e poi cercherò qualcuno che ha voglia di pubblicarmi altre edizioni. Ovviamente non sono queste operazioni commerciali, ma l’esigenza e lo spirito hanno sempre lo stesso leitmotiv.

Grazie della disponibilità e in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.

Grazie a voi!

 

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